latte

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La ricotta è un latticino ottenuto riscaldando, con o senza aggiunta di acidificanti, il siero residuato dalla lavorazione del formaggio (ri-cotta).
Durante il riscaldamento del siero, che a seconda dell’origine viene portato fino a una temperatura di 75-95°C, le proteine del latte, principalmente le sieroproteine, coagulano.

L’addizione di acido citrico o tartarico durante il processo produttivo, favorisce la coagulazione delle proteine, mentre l’aggiunta di latte (5-25%) o panna consente di aumentare la resa e ottenere un prodotto più cremoso e saporito, in quanto maggiormente ricco di grassi.
Pertanto, quando si acquista una ricotta è importante controllarne i valori nutrizionali riportati in etichetta: le differenze tra un prodotto e l’altro possono essere sorprendentemente significative (in genere la ricotta di bufala è più grassa di quella di pecora, che a sua volta è più grassa di quella di vacca).


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Da bambini, la colazione era latte e biscotti, la merenda un bicchiere di latte freddo con pane e marmellata, il rimedio per l’insonnia un bel bicchiere di latte caldo col miele: insomma, il latte era una presenza costante.

Dal punto di vista calorico, i valori nutrizionali sono influenzati dal contenuto lipidico del latte. Un quantitativo di 100 ml di latte intero contiene 64 kcal, 4,9 g di carboidrati, 3,3 g di proteine e 3,6 g di grassi.
La stessa quantità di latte parzialmente scremato contiene 46 kcal, sempre 4,9 g di carboidrati, ma 3,5 g di proteine a fronte di solo 1,5 g di lipidi.
Il latte scremato apporta, invece, quasi la metà delle calorie del latte intero (36 kcal rispetto alle 64 kcal del latte intero), la stessa quantità di carboidrati e proteine del latte parzialmente scremato (rispettivamente 4,9 g e 3,5 g), ma solo 0,5 g di grassi.

Per legge il “latte” è solo quello vaccino. Se l’alimento proviene da animali diversi, va specificata l’origine: sull’etichetta troverete quindi latte di capra, di asina, di pecora, di bufala…
Capitolo a parte per i latti vegetali, ovvero bevande derivate da cereali o noci che ricordano il latte vaccino. Una sentenza dell’estate 2017 ha, infatti, determinato che non è più possibile denominare “latte” queste bevande, anche se il nome resta d’uso comune.


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Lo yogurt è un alimento frutto della fermentazione del latte operata da batteri.

In quanto derivato del latte, lo yogurt è un latticino; tra i latticini, è forse l’alimento che più assomiglia al latte di partenza.

Assieme al latte, al latte fermentato, ai formaggi e alle ricotte, lo yogurt rientra nel II gruppo fondamentale degli alimenti, in quanto fonte nutrizionale di proteine ad alto valore biologico, vitamine e minerali specifici. Lo yogurt presenta una consistenza vellutata e un tipico sapore acidulo.

Essendo un derivato del latte, lo yogurt contiene lattosio, anche se in misura decisamente inferiore rispetto al prodotto di partenza.
Il lattosio è uno zucchero disaccaride che, nelle persone con una carenza intestinale dell’enzima lattasi, è responsabile di una reazione avversa, definita intolleranza al lattosio e caratterizzata da sintomi gastrointestinali, quali flatulenza, dolori addominali, diarrea ecc.

Esistono vari modi per classificare lo yogurt.
Da sempre, i sistemi di classificazione più diffusi sono due:
• La classificazione basata sulla percentuale di grassi/livello di scrematura del latte di partenza;
• La classificazione basata sul sapore/aroma (es: l’aggiunta o meno di frutta cotta in pezzi o sotto forma di sciroppo, caffè, cioccolato ecc.).
Ultimamente, tuttavia, stanno prendendo sempre più piede anche altre due classificazioni:
• La classificazione fondata sulla presenza o meno di zuccheri aggiunti e
• La classificazione fondata sulle caratteristiche dietetiche


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